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10. 11. 2016

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Che cos’è l’odore di “nuovo”?

Tags: Emissioni indoor

La crescente consapevolezza sull’importanza di condurre stili di vita sani ci porta sempre più a considerare la qualità di ciò che assumiamo soprattutto in ambito alimentare.
Se l’attenzione sugli alimenti è indubbiamente molto elevata, c’è invece meno consapevolezza sull’importanza della qualità dell’aria che respiriamo. Eppure, se facciamo qualche semplice calcolo, ci possiamo facilmente accorgere che ogni giorno portiamo all’interno del nostro organismo circa dodicimila litri di aria che in un anno corrispondono a più di quattro milioni di litri ovvero, grosso modo, al volume di due piscine olimpioniche.

Sappiamo che l’aria è principalmente costituita da azoto, ossigeno e altri gas (anidride carbonica, argon, ecc.) ma al suo interno sono presenti anche sostanze differenti derivanti da svariate fonti e che possono influenzare notevolmente la sua qualità.

Un aspetto particolarmente significativo a tal proposito riguarda la constatazione che la maggior parte della nostra vita quotidiana, oltre il 90 % secondo alcuni studi, viene spesa all'interno degli edifici (case, uffici, scuole, ospedali, ecc.). La qualità dell'aria interna dovrebbe essere quindi oggetto di particolare attenzione considerando che la stessa è influenzata sia dai materiali che ci circondano sia dalle nostre attività quotidiane come la cottura dei cibi, la pulizia, l’igiene personale, ecc.

Su questi temi è stato recentemente organizzato dall’ISPRA (l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) un workshop che ha visto coinvolte importanti Istituzioni italiane come l’ENEA, l’Istituto Superiore di Sanità, il Ministero dell’Ambiente, l’Università Cattolica e l’Università la Sapienza.

C’è infatti una crescente attenzione verso qualità dell’aria indoor da parte degli enti che si occupano, a vari livelli, della salute pubblica. Molti studi oramai testimoniano chiaramente che diverse patologie sono imputabili o sono comunque legate alle sostanze “inquinanti” che costantemente respiriamo all’interno delle nostre case o degli ambienti che frequentiamo. Questa problema è legato anche al continuo miglioramento dell’isolamento degli edifici che, se da un lato ne incrementa l’efficienza energetica, dall’altro riduce significativamente i loro scambi d’aria con l’ambiente esterno. L’incontro di Roma è dunque servito per fare il punto su questi temi e per cercare di aggregare le varie competenze esistenti al fine di iniziare a trattare il così detto l’inquinamento indoor in modo complementare e sotto tutti i punti di vista, tossicologico, medico, analitico e normativo. La volontà di creare una cultura sul “respirare bene” è testimoniata anche dal coinvolgimento al work-shop di alcune realtà che giocano un ruolo fondamentale in questi ambiti, come l’industria chimica e i rappresentanti del mondo dell’edilizia. L’incontro di Roma è dunque servito per fare il punto su questi temi e per cercare di aggregare le varie competenze esistenti al fine di iniziare a trattare il così detto l’inquinamento indoor in modo complementare e sotto tutti i punti di vista, tossicologico, medico, analitico e normativo. La volontà di creare una cultura sul “respirare bene” è testimoniata anche dal coinvolgimento al work-shop di alcune realtà che giocano un ruolo fondamentale in questi ambiti, come l’industria chimica e i rappresentanti del mondo dell’edilizia.

Il CATAS era presente a questo tavolo di lavoro in virtù della notevole esperienza maturata e largamente riconosciuta nell’ambito delle analisi delle emissioni dai materiali. Senza considerare la più che trentennale attività dell’istituto nell’ambito specifico dell’emissione di formaldeide dai pannelli, il CATAS è sicuramente il laboratorio italiano che esegue più prove di emissione di VOC con una notevole banca dati di oltre mille materiali analizzati. Sono stati proprio i “numeri” presentati dal CATAS che hanno consentito ai partecipanti al work-shop di comprendere quali sostanze possano essere emesse dai vari materiali impiegati nel mondo dell’edilizia e in quello dell’arredo. Si è così potuto iniziare a ragionare concretamente sui loro effetti, sulle eventuali limitazioni e sulla possibilità di intervenire per una loro riduzione a monte. L’esperienza del CATAS è stata anche utile per mettere a fuoco alcuni aspetti delicati su questo tema, che devono essere adeguatamente considerati e trattati consapevolmente dagli organi competenti:
  • il legno e i suoi derivati emettono naturalmente alcune sostanze che, se limitate in modo indiscriminato, potrebbero escludere o comunque ridurre l’impiego futuro di questi materiali. Questo scenario può apparire paradossale considerando come il legno abbia da sempre accompagnato la vita dell’uomo ed essendo stato, per altri versi, recentemente riscoperto come un materiale moderno data la sua intrinseca sostenibilità ambientale;
  • i prodotti a basso contenuto di sostanze organiche volatili, nel caso soprattutto di vernici e adesivi, sono sicuramente più rispettosi dell’ambiente, ma il loro contributo all’inquinamento indoor deve essere valutato in modo specifico dipendendo dal tipo di sostanze comunque presenti e dalla loro “volatilità” (la velocità con cui evaporano). L’equazione “basso contenuto di solventi = basse emissioni indoor” non è dunque sempre veritiera;
  • i prodotti realizzati con materie prime “naturali” possono essere suggestivi in termini di sicurezza per l’ambiente e per l’uomo, ma anche in questo caso le esperienze analitiche testimoniano a volte il contrario, sottolineando ancora una volta come l’oggettivazione sperimentale sia l’unica strada percorribile per una valutazione seria e concreta della sicurezza di un qualsiasi prodotto.

Nella parte dedicata alle conclusioni, un obiettivo largamente condiviso dai partecipanti al work-shop di ISPRA è stato quello di cercare di creare una cultura su questi temi in modo che ci si formi e si consolidi una vera e propria coscienza sull’inquinamento indoor da parte dei produttori e dei consumatori finali. Questo movimento dal basso avrebbe un’indiscutibile forza nell’indirizzare il mercato verso prodotti più virtuosi in termini di emissioni. Tale processo, sebbene lungo e certamente difficile da perseguire, è stato comunque ritenuto più efficace rispetto a eventuali imposizioni legislative che, da sole, difficilmente otterrebbero i risultati auspicati venendo probabil - mente interpretate solo come un ulteriore aggravio in termini di leggi e di imposizioni burocratiche. Un primo importante passo verso un chiarimento sul tema delle emissioni indoor è stato dunque compiuto in Italia grazie all’importante work-shop organizzato da ISPRA nel mese di ottobre. L’auspicio conclusivo è che questo modo di operare da parte di chi sovraintende alla definizione di regole sulla sicurezza e sulla salute pubblica prosegua con lo stesso spirito di oggettivazione scientifica e di collaborazione, chiaramente dimostrate e apprezzate in occasione di questo significativo evento. La situazione normativa sulle emissioni indoor L’odore di nuovo, che spesso percepiamo in una nuova abitazione, in un edificio ristrutturato o comunque in un ambiente rinnovato, è dunque conseguente alla presenza nell’aria che respiriamo di solventi, di monomeri, di plastificanti e di altre sostanze che provengono dai materiali e dagli oggetti che ci circondano. Tutte queste sostanze, chiamate composti (o sostanze) organici volatili (COV o SOV), penetrano nel nostro organismo attraverso la respirazione potendo quindi interagire in vari modi con il nostro organismo dando anche luogo allo sviluppo di potenziali patologie.

L’Unione Europea ha recentemente pubblicato il regolamento UE n. 305/2011 che comprende il controllo delle emissioni tra i requisiti di base per tutti i materiali da costruzione. Per i prossimi anni sono dunque attese delle specifiche normative europee che regolino in modo dettagliato questa complessa materia. Tre Stati membri, Francia, Germania e Belgio, hanno già pubblicato delle specifiche regolamentazioni nazionali sulle emissioni indoor che tutti i produttori devono pertanto conoscere e rispettare al fine di esportare liberamente i loro prodotti in questi Paesi. Inoltre, nel corso degli ultimi anni, si sono sviluppate sia delle certificazioni volontarie come l’Ecolabel, sia dei capitolati di enti pubblici e privati che contengono dei requisiti riferibili proprio al tema delle emissioni di sostanze organiche volatili da parte delle materie prime o dei prodotti finiti.
La conoscenza e l rispetto di questi regolamenti è spesso indispensabile per commercializzare i propri prodotti in determinati ambiti. In Italia esiste un decreto del 2008 che limita l’emissione di formaldeide dai pannelli a base legno e dei prodotti con essi realizzati richiamando il rispetto della classe E1 definita dalla normativa europea di riferimento.

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