Dall’evidenza in laboratorio di fenomeni di corrosione su campioni di prodotto in acciaio inossidabile dichiarato AISI 316, con il supporto tecnico delle competenze del Dipartimento di Scienze e tecnologie chimiche dell’Università di Udine è stato possibile studiare ed individuare le cause di tali problemi tecnici.
Un esempio di come le prove di laboratorio unite ad un'accurata analisi dei processi produttivi, possono fornire utili risposte a difetti di prodotto non attesi.
Scarica l'articolo per una lettura completa.Di recente abbiamo ricevuto una richiesta per una prova di resistenza alla corrosione neutra NSS secondo
UNI EN ISO 9227 su prodotti in acciaio inossidabile dichiarato AISI 316. Il problema lamentato dal Cliente era una rapida formazione di ruggine, fenomeno che non poteva essere tollerato per il tipo di applicazione prevista. Eseguito il test come da richiesta si è vista confermata la tendenza esposta dal Cliente: poco dopo le 200 ore di esposizione la ruggine iniziava a ricoprire il manufatto. Generalmente gli acciai inossidabili non danno segni di ossidazione prima delle 1000-1500 ore quando esposti alla nebbia salina neutra. Interpellato il dipartimento di Scienze e tecnologie chimiche dell’Università di Udine è stato possibile fornire una risposta a tale apparente anomalia (decisiva è stata l’analisi del ciclo di produzione del pezzo in questione). Attraverso un’
analisi al SEM si è accertato in primis che il materiale non aveva una microstruttura adeguata per un’alta resistenza alla corrosione; inoltre il prodotto era stato ricavato attraverso un processo di fucinatura, lavorazione che favorisce il fenomeno della stress-corrosion in quanto indebolisce lo strato di passivazione tipico degli acciai inossidabili.
Gli acciai inossidabili sono leghe ferrose che uniscono le proprietà meccaniche, tipiche degli acciai, alle caratteristiche intrinseche dei materiali nobili quali la resistenza alla corrosione. In realtà questi materiali sono “
ossidabili”, ma l’effetto prodotto è una auto passivazione ovvero si rivestono di uno strato di ossido invisibile (a occhio nudo) e sottile che protegge il materiale sottostante dagli attacchi corrosivi. Tutto questo in virtù di una quantità di cromo nella composizione della lega non inferiore al 10,5 %, come previsto dalla norma EN 10020. Altro elemento importante per la formazione del film di passività è la presenza di un ambiente ossidante (come ad esempio l’aria) che promuova il processo di formazione o di ripristino di questo nel caso in cui venga danneggiato. È quindi fondamentale che il materiale, sia in fase di lavorazione che di messa in opera possa venire a contatto con l’ossigeno, in modo da poter essere considerato nelle ottimali condizioni di passivazione. Il film passivo può essere più o meno resistente e più o meno ancorato al materiale in dipendenza della concentrazione di cromo nella lega e a seconda dell’eventuale presenza di altri elementi. È chiaro, quindi, che in funzione di queste variabili esistono diversi gradi di “inossidabilità” e di conseguente resistenza alla corrosione. In molti casi tuttavia si sceglie, si lavora e si pone in opera un componente in acciaio inox solamente perché si confida nell’aggettivo “inossidabile” pretendendo da esso la resistenza a qualsiasi tipo di ambiente e in qualsiasi campo di utilizzo.
Le
cause che possono innescare il processo di corrosione sono molteplici e dipendono dal tipo di ambiente in cui si porrà in uso il manufatto e dal tipo di utilizzo al quale sarà sottoposto. In particolare i fattori principali sono: – la natura dell’agente aggressivo (tipologia, concentrazione, pH); – la temperatura dell’agente aggressivo; – la finitura superficiale del metallo; – la velocità del fluido sulle pareti del materiale. In linea generale i “nemici” dell’inox sono rappresentati dai Cloruri (Cl) in quanto in grado di “rompere” il film di passività e di ostacolarne la riformazione. Molto importante al momento della scelta dell’acciaio inossidabile è la conoscenza del tipo, della concentrazione, del pH e della temperatura dell’ambiente alla quale questo andrà esposto. Altro aspetto fondamentale è la finitura. Risulta intuitivo che quanto più una superficie è “liscia” tanto più la possibilità di ancorarsi da parte di un elemento aggressivo diminuisce. Inoltre si ricorda che gli acciai inossidabili sono in grado di “proteggersi” grazie al film di passività che li ricopre. Quest’ ultimo sarà in grado di riformarsi più facilmente e in maniera stabile quanto migliore sarà la finitura del substrato. Una finitura grossolana sarà conseguenza di maggiori zone di ristagno che rallentano la velocità del fluido sulla superficie e permettono all’agente corrosivo di crearsi un ambiente favorevole alla corrosione. Le più comuni forme di corrosione “umida” su acciaio inossidabile sono: il pitting (o vaiolatura), la corrosione interstiziale (crevice-corrosion), la corrosione intergranulare, la corrosione sotto tensione (stress corrosion cracking), la corrosione galvanica e l’ossidazione a caldo (trattamenti termici, saldature, campo di esercizio, ecc.). Per concludere, il consiglio è scegliere il materiale accuratamente considerando tutte le variabili del caso e le normative esistenti. Inoltre un’adeguata serie di test mirati prima della posa in opera può prevenire spiacevoli inconvenienti.