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26. 07. 2018

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La prova di resistenza all’abrasione

Tags: Pavimenti

La resistenza all’abrasione è una delle prove più richieste nell’ambito della valutazione delle prestazioni delle pavimentazioni di legno, ma a volte non è forse ben chiaro quali siano il suo reale significato e il suo campo di applicazione. Con queste brevi note vogliamo pertanto esaminare questo tipo di prova considerata l’esistenza di varie tipologie di metodi e, in alcuni casi, anche di specifici requisiti.
Ricordiamo innanzitutto che la parola abradere deriva dall’unione di due termini latini, ovvero ab (che significa “da”) e radere (raschiare). Il significato di abradere è dunque letteralmente quello di “togliere via raschiando”.

Perché è dunque importante effettuare la prova di abrasione sulla superficie di un pavimento? Perché il dato che ne deriva ci fornisce delle informazioni sulla resistenza del trattamento superficiale all’usura derivante principalmente dal continuo “raschiamento” provocato delle suole delle scarpe con cui ci camminiamo sopra. Una volta che il rivestimento sia stato completamente consumato, il legno non risulterà evidentemente più protetto e potrà quindi sporcarsi, macchiarsi e graffiarsi molto facilmente. Maggiore è pertanto la resistenza all’abrasione, più a lungo durerà quel pavimento prima di dover essere riverniciato.

La prova di resistenza all’abrasione è dunque importante per qualsiasi pavimento e allo stesso modo? Beh, qui entrano in gioco tante variabili su cui vale certamente la pena di soffermarsi per qualche riflessione.

E’ chiaro innanzitutto che per i pavimenti trattati a cera o ad olio questa prova può avere poco significato. Le cerature e le oliature hanno infatti il grosso vantaggio di poter essere agevolmente ripristinate e pertanto il rapido “consumo” della protezione superficiale è insito in questi trattamenti. Una prova di abrasione metterebbe semplicemente in evidenza una scarsa resistenza che tuttavia risulterebbe del tutto ovvia e prevedibile.

Per tutte le altre finiture la prova di abrasione è invece rilevante ma deve essere comunque valutata con estrema attenzione considerando soprattutto la destinazione d’uso del pavimento. E’ chiaro ad esempio che si potranno tollerare dei valori molto più bassi per un pavimento destinato ad una camera da letto rispetto a quelli che possiamo immaginare necessari per un negozio o per un aeroporto. Si tratta evidentemente di bilanciare le caratteristiche estetiche con quelle prestazionali trovando sempre il giusto compromesso.

Qui deve essere però segnalato un distinguo relativamente ai pavimenti costituiti da pannelli impiallacciati. In questi casi, il pavimento non potrebbe essere riverniciato in quanto la necessaria levigatura preliminare consumerebbe tutto lo strato di piallaccio. Ecco allora che la resistenza all’abrasione della superficie di questi pavimenti deve essere tendenzialmente molto elevata e non a caso la norma europea EN 14354 fissa dei valori che, ad un esame non approfondito, possono persino apparire eccessivi.

Il senso è tuttavia di tutelare un pavimento che non può essere ripristinato dopo che la vernice sia stata “raschiata via” dall’effetto dell’usura quotidiana.

Quali sono comunque i metodi utilizzati per valutare la resistenza all’abrasione di un pavimento? I metodi sono sostanzialmente due e prevedono entrambi di far abradere la superficie del pavimento, posta in rotazione, da un materiale abrasivo. In un caso il materiale abrasivo è costituito da due ruote abrasive (ne esistono in realtà di vari tipi), mentre nell’altro è semplicemente della sabbia che viene fatta cadere in modo controllato sul provino sopra al quale ruotano delle ruote rivestite di cuoio.
La resistenza all’abrasione è espressa dal numero di giri necessari per asportare il film di vernice dalla superficie del provino.
In verità esistono anche dei metodi che servono a valutare la resistenza all’abrasione delle sole vernici. In questi casi la vernice viene applicata su un supporto inerte facendo poi ruotare le ruote abrasive sulla superficie del campione per un determinato numero di giri, senza tuttavia mai arrivare al supporto. In questi casi si misura la perdita di peso del provino e risulterà evidentemente più resistente la vernice che subirà la minor perdita di peso a parità di giri effettuati. In sostanza risulterà migliore la vernice meno “raschiabile”. Ovviamente, in questi casi è la singola vernice che deve essere sottoposta alla prova e non l’intero ciclo.

Ma al di là dei metodi esistono dei requisiti per la resistenza all’abrasione delle pavimentazioni di legno? Come già indicato, l’unica norma europea che riporta dei requisiti è quella che si riferisce ai pavimenti costituiti da pannelli impiallacciati (la EN 14354).  I valori riportati in questa norma non sono tuttavia estendibili al parquet per le ragioni che abbiamo precedentemente espresso.

Un documento molto interessante e completo riguardante i parquet è quello preparato dai produttori tedeschi in collaborazione con l’Istituto IHD di Dresda. In questo protocollo vengono indicate ben sei classi di impiego finale del parquet con una netta distinzione dei valori di resistenza all’abrasione (secondo il metodo delle ruote abradenti) che vanno dai 50 giri per un pavimento per impiego domestico fino ai 200 per quelli soggetti ad un uso intensivo (ad esempio commerciale). A tal proposito è possibile segnalare che in Germania si sta procedendo verso un ulteriore ampliamento dei requisiti previsti (attualmente una dozzina) essendo anche allo studio un nuovo metodo per valutare la resistenza all’usura dei pavimenti cerati od oliati. Si tratta di un metodo molto innovativo e di una certa complessità anche dal punto di vista operativo.

In definitiva è possibile concludere che il metodo della resistenza all’abrasione delle superfici delle pavimentazioni di legno può fornire delle informazioni molto utili sulle loro prestazioni e sulla loro durata nel tempo. Purtroppo, come segnalato precedentemente, esistono attualmente vari metodi definiti in base a diverse norme mancando tuttavia un riferimento certo soprattutto per ciò che riguarda la definizione di una “prestazione minima richiesta” in funzione della destinazione d’uso prevista. E’ innegabile che questa situazione porti con sé parecchia incertezza se non addirittura confusione specie nel caso di controversie.

In queste poche righe, abbiamo tuttavia segnalato l’esistenza di una situazione completamente diversa per il mercato tedesco dove esiste un protocollo per il parquet molto chiaro e dettagliato. I produttori tedeschi vedono evidentemente nelle norme degli strumenti per migliorare e tutelare la propria produzione potendo anche affrontare eventuali contestazioni e controversie in modo sereno e soprattutto oggettivo. Forse un’iniziativa del genere, considerate l’importanza e la peculiarità del parquet italiano, sarebbe auspicabile anche per il nostro Paese.

 
Per informazioni:
Franco Bulian
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