Testimonianze

Testimonianze

La certificazione elemento chiave dell’Industria 4.0



Intervista a Roberto Grandinetti professore di Economia e Gestione delle Imprese presso l’Università degli Studi di Padova.



“Il marchio di certificazione di qualità legato a un prodotto è sicuramente un elemento che può rassicurare e influenzare positivamente l’acquisto del prodotto stesso. È la conferma che l’acquisto di un oggetto e delle sue funzioni si accompagna a un'idea di sicurezza e di benessere di cui sentiamo inevitabilmente il bisogno. In sintesi, si tratta di un'eccezionale leva di marketing se l’ente che rilascia il “bollino” è autorevole e se l'impresa che lo ottiene è capace di valorizzarlo nella propria comunicazione. In tal caso, la patente di sicurezza racchiusa nella certificazione consente alle aziende di acquisire un plus competitivo e di conquistare nuovi mercati. E questa semplice equazione vale per tutti i settori, da quello alimentare all’automotive fino al legno-arredo”, spiega Roberto Grandinetti ordinario di Economia e Gestione delle Imprese presso l’Università degli Studi di Padova.



Professor Grandinetti, stiamo dunque parlando di un’operazione di marketing che deve essere fondata su una buona dose di concretezza …

“Indubbiamente. In un’epoca come quella che stiamo vivendo dove la quantità di informazioni e comunicazioni che ciascuno di noi riceve è esorbitante e si accompagna a una percezione diffusa di una modesta affidabilità media delle stesse, le imprese che comunicano la propria capacità di fare bene le cose attraverso la certificazione di prodotto vogliono distinguersi dotandosi di un robusto ancoraggio. Ma si tratterebbe di una strategia velleitaria se dietro al “bollino” non ci fossero tecnologie, capitale umano e competenze. Ecco, gli enti di certificazione devono disporre di queste risorse. Alcune istituzioni di questo tipo hanno anche affiancato all'attività certificativa lo sviluppo di progetti di ricerca applicata e la fornitura di servizi ad alto contenuto di conoscenza alle imprese del proprio settore di riferimento. È la compresenza di questi ruoli e il loro interagire a renderle strutture di eccellenza nel campo della qualità e del supporto all'innovazione. Tra gli esempi che si possono fare rientra certamente il CATAS nel settore legno-arredo".



Qual è il ruolo della certificazione per vincere la sfida della globalizzazione?

“La certificazione di qualità, dalla ISO alle certificazioni di prodotto, assume un’importanza crescente soprattutto se ragioniamo in un contesto di economia globale. In un mercato sempre più vasto e complesso come quello attuale, la certificazione pone l’impresa nelle condizioni di comunicare nel linguaggio universale della qualità. Naturalmente, come ho detto prima, si tratta di un argomento che va inserito in una più articolata comunicazione di marketing dove la qualità certificata si compenetra con gli altri valori e l’identità dell’impresa. Ma nel modo in cui istituzioni della qualità come il CATAS operano vi è anche un valore aggiunto in più rispetto al solo rilascio della certificazione. Le imprese che vi ricorrono possono infatti accedere a un patrimonio di conoscenze e competenze che le pone in grado di risolvere i problemi che inevitabilmente incontrano nello sviluppo di un'innovazione, tanto più complicati quanto più radicale è l’innovazione. È questa somma di supporto all’innovazione e di certificazione di qualità che rende il CATAS uno strumento potente utilizzato dalle imprese per affrontare le sfide della competizione globale. Si potrebbe dire che questa vocazione il CATAS ce l’ha nel suo DNA: così iniziò circa cinquant’anni fa per far sì che le sedie prodotte in Italia rispettassero i requisiti di qualità imposti dalla normativa tedesca, allora la più avanzata e la più esigente nel panorama mondiale".



Aspetto importante soprattutto ragionando in ottica di industria 4.0...

“Nell’ambito dell’industria 4.0, imprese e mondo della ricerca devono dialogare costantemente per aumentare la capacità di innovazione di tutti i settori da quelli high-tech a quelli considerati tradizionali, ma non per questo “esentati” dall’innovazione. Questo dialogo non coinvolge solo i dipartimenti universitari ma anche quelli che vengono di solito identificati con l'acronimo KIBS (knowledge-intensive business services). Si tratta di fornitori di servizi – di natura pubblica, associativa (come il CATAS) o privata – che da un lato hanno la capacità di interagire con le imprese, anche con quelle di piccola dimensione, dall'altro si relazionano all'università e ad altri centri di ricerca per rafforzare la propria capacità interna di produrre conoscenze utili per lo sviluppo della loro offerta di servizi”.

Una vocazione quella del CATAS che viene da lontano, pare di capire...

“Il CATAS ha accumulato un’esperienza che nessuna altra azienda può vantare sul mercato. Dall’inizio della sua attività a oggi ha progressivamente mutato la propria attività adeguandola ai cambiamenti del mercato. In pratica ha diversificato l’attività seguendo e spesso anticipando le trasformazioni che hanno coinvolto le imprese stesse. Si è evoluto contestualmente alla domanda, ha sperimentato nuovi prove su materiali e prodotti, nuove forme di assistenza, nuovi corsi di formazione, e così via. In breve, ha anticipato il futuro e continuerà a farlo grazie al dialogo costante con il mondo imprenditoriale. Grazie alle sue capacità dinamiche è risultato importante nella fase 3.0 e continuerà a esserlo in quella che la sta sostituendo”.