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1969-2017: i ricordi di Angelo Speranza

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Angelo Speranza: le origini.

Il primo contributo a una “storia confidenziale” di Catas non poteva che arrivare da Angelo Speranza, ingegnere, classe 1941.
E’ stato lui che ha raccolto la sfida di un territorio, di un mondo imprenditoriale e di alcune realtà pubbliche che avevano ben compreso che i destini del “Triangolo della sedia” dovevano in qualche modo passare da qualcosa di organizzato, definito, scientifico, tecnico, strutturato. Fu lui il primo “curatore” di Catas, lo creò e lo diresse fino al dicembre del 2006, quando arrivò la meritata pensione e ne divenne amministratore delegato, incarico che ha mantenuto fino al 2017.
Al laboratorio di San Giovanni, comunque, lo lega e lo legherà sempre una vita fatta di scoperte, di soddisfazioni, di condivisioni, di sacrifici e di impegni.
E’ stato un piacere condividere i suoi ricordi e tentare di condensarli su carta…
 
“A mio avviso è stato sempre determinante il contatto con le aziende, un rapporto che Catas ha ricercato, fin dai primi giorni della sua storia. Ricordo che ci attivammo subito per organizzare convegni tecnici, occasioni di approfondimento, presentazioni di prodotti o cicli di lavorazione particolarmente innovativi. Mi ricordo, quando ancora eravamo negli angusti spazi della sede coordinata di San Giovanni al Natisone dell’istituto professionale di Stato (IPS) di Cividale del Friuli, la fatica nel trovare lo spazio per macchine e attrezzature che facevamo arrivare proprio per dimostrare alle imprese del territorio fin dove ci si poteva spingere con le giuste tecnologie… è perfino capitato che, per utilizzarle, facessimo saltare l’energia elettrica di mezzo paese!
Ricordo molto bene che nella prima sede di Catas – grazie all’ingegner Vincenzo Pagnozzi, titolare di quella che è oggi la Wde Maspell di Terni – abbiamo dimostrato le potenzialità di uno dei primissimi essiccatoi sottovuoto che l’azienda costruisce!”.
 
“Come nacque Catas? Il progetto prese forma in Camera di commercio a Udine, grazie alle eccezionali vedute dell’allora presidente ed ex-onorevole Vittorio Marangone che riprese una idea del conte GianCarlo di Maniago, che lo aveva preceduto alla presidenza dell’ente. Provo a ricostruirla: in quegli anni, era il 1969, esisteva già il Gessef, “Gruppo esportatori sedie Friuli”, un consorzio per la promozione e la vendita all’estero delle sedie del distretto. Era il frutto di una visione forte, che ha preceduto e di molto analoghe iniziative…
Ebbene, fu proprio grazie negli spazi del Gessef a Manzano che venne realizzato un piccolo laboratorio di prove a servizio delle imprese, sempre più impegnate in mercati esteri che richiedevano una certificazione, una “prova” della effettiva qualità del prodotto; mi pare anche di ricordare che le prime macchine di prova vennero acquistate in Danimarca…
L’esperienza mostrò subito qualche limite perché, come è facile comprendere, un consorzio di imprese chiamate di fatto a “valutare” il lavoro di altre non era cosa gradita a tutti; da qui l’idea di coinvolgere una “parte terza” – la Camera di commercio di Udine e l’istituto professionale, appunto – per una gestione e una visionesuper partes.
Fu l’atto di nascita di Catas, presentato in regione come “Centro per l’assistenza tecnica per le aziende del settore sedie in legno”, una delle sette o otto aziende speciali della Camera di commercio create in diversi settori. La data ufficiale della nascita del Catas è da far risalire al 13 maggio 1969, data dell’approvazione della sua istituzione da parte della Giunta della Regione Friuli Venezia Giulia”.
 
“Io mi ero laureato l’anno prima, nel 1968, in ingegneria elettrotecnica. Mi ero sposato da poco e insegnavo all’istituto professionale IPS di Cividale del Friuli, ora IPSIA Antonio Mattioni: in quegli anni non era facile trovare “formatori” per gli istituti tecnici e ricordo che avevo iniziato questa collaborazione ancora prima di laurearmi. La laurea, però, mi convinse a cercare altre opportunità e, dopo alcuni colloqui, venni assunto alla OM Officine meccaniche di Brescia; una splendida realtà e una grande opportunità per un giovane appena laureato, ma purtroppo alcuni problemi di famiglia mi convinsero che sarebbe stato meglio rimanere in Friuli a insegnare.
Devo dire che la scuola ebbe un ruolo fondamentale non solo nella mia vita, ma anche nella nascita di Catas: a San Giovanni al Natisone da qualche anno era attiva la sede coordinata dell’IPS di Cividale che preparava i ragazzi per l’industria della sedia, un settore estremamente fiorente in quegli anni e affamato di manodopera qualificata.
Il preside dell’istituto, ingegner Michele Tedesco, aveva promosso la creazione di un piccolo laboratorio chimico e fisico prima ancora della nascita di Catas: io insegnavo, come ho già ricordato, a Cividale, ma appena venni a sapere che a San Giovanni cercavano qualcuno per gestirlo mi candidai.
A questo punto le storie confluirono. Il preside parlò del progetto in Camera di commercio e l’onorevole Marangoni diede il suo consenso perché io e Mario Cabas, un altro insegnante della scuola e un autentico genio della lavorazione del legno, fossimo della partita: Catas aveva una sede e una seppur piccola organizzazione”.
 
“Anni eroici, come si usa dire: facevamo prove e ci davamo da fare per portare a conoscenza delle aziende le novità tecniche e tecnologiche più importanti, arrivando addirittura – quando venne assunto Renato Cavassi– a lavorare conto terzi, a costruire sedie o a essiccare legno con il forno (prima tradizionale e poi sottovuoto, come ho già ricordato) di cui l’IPS – che, come tutte le altre scuole di questo tipo, in quegli anni aveva una certa indipendenza economica e gestionale – disponeva.
Dovevamo darci da fare per mantenere in piedi questa realtà: è vero che nel consiglio di amministrazione della azienda speciale sedevano rappresentanti, oltre che della Camera di commercio, dell’assessorato regionale coinvolto, delle associazioni industriali, degli artigiani, della scuola e di diverse altre realtà, ma i loro contributi e il ricavo delle attività di prova non bastavano.
Creammo subito un tariffario, offrendo agli imprenditori la possibilità di “abbonarsi a Catas”, potendo così avere delle interessanti agevolazioni economiche. Sapevamo che l’aspetto economico era importante e noi, a nostro modo, facevamo già in quegli anni un “marketing strategico”!
Lentamente il lavoro iniziò a crescere e arrivammo ad assumere un perito chimico, Patrizia Treleani, per fare analisi sui solventi e sui prodotti vernicianti che negli anni Settanta erano davvero un tema che definire “scottante” è poco. Le imprese si trovavano troppo spesso a fare i conti con intermediatori che proponevano prodotti di qualità scadente o estremamente pericolosi e Catas divenne un punto di riferimento ancora prima che nascessero le stringenti normative che cominciarono di lì a poco a regolare questa materia. Fu in quel periodo che avviamo una ricerca per confrontare fra loro tutti i collanti venduti nel “Triangolo”, sottoponendoli a diverse prove dalle quali emersero valori che avrebbero di fatto creato degli autentici standard di qualità e prestazioni negli utilizzi legati alla produzione di sedie.
 
“Il nostro lavoro, le nostre scelte ci permisero di farci conoscere sempre più nel territorio e nel contempo ci guardavamo attorno, in Italia e all’estero, pronti a raccogliere qualsiasi opportunità di crescita, di miglioramento.
Abbiamo anche iniziato a costruire i nostri strumenti di prova, vere e proprie macchine per fare i test su prodotti che oramai conoscevamo molto bene.
Un momento importante, che con il passare degli anni sarebbe diventato una parte fondamentale della nostra attività, fu l’incontro con UNI, l’Ente nazionale italiano di unificazione, e l’inizio del nostro coinvolgimento nelle varie commissioni dedicate ai mobili. Catas aveva oramai una esperienza decennale alle spalle e potevamo dire la nostra, dimostrando la validità dei nostri sistemi e arrivando a produrre un importante numero di norme, specialmente nel nascente comparto del mobile per ufficio...”.
 
“Alla fine degli anni Settanta i locali della scuola di San Giovanni non bastavano più: per fortuna al comune erano stati donati dall’ex sindaco Tonero alcuni terreni, proprio quelli dove ancora oggi ha sede Catas, perché la scuola potesse avere spazi più grandi e, di conseguenza, anche noi. Nel 1979, a tre anni di distanza dal terribile terremoto che colpì la nostra regione, iniziarono i lavori per la costruzione di una nuova sede proprio con le strutture metalliche grazie alle quali vennero realizzati negozi e laboratori di emergenza dopo il sisma, una parte di Catas che è perfettamente individuabile ancora oggi, a tanti anni di distanza”.
 
“La scelta, fatta già praticamente a un anno di distanza dalla nascita di Catas, di affrontare l’intero settore del mobile, la continua implementazione delle nostre conoscenze e finalmente il maggior spazio a disposizione ci permisero di vivere gli anni Ottanta con una certa tranquillità: Catas era oramai economicamente autonomo, ci avvicinavamo alla decina di dipendenti ed eravamo una realtà matura, pronta ad affrontare nuove sfide.
Fu così che, grazie anche a un contributo della Provincia di Udine concesso con l’interessamento dell’assessore Roberto Maida, allestimmo il nostro primo laboratorio per le prove sul fuoco.
Nei primi anni Ottanta cominciammo anche a rappresentare l’Italia ai tavoli della normazione europea (EN) e internazionale (ISO) in tema di mobili e arredi: non ci avevamo messo molto a comprendere che dovevamo lavorare a un altro livello, stabilire rapporti di collaborazione con altri laboratori, enti, istituti in tutto il mondo.
Ci fu un episodio, una interessante certificazione sulla sedia friulana, che proprio sul finire degli anni Ottanta ci fece comprendere che era indispensabile immaginare un altro passaggio, ovvero la costituzione di una “società a responsabilità limitata”: c’era bisogno di orizzonti più ampi, di coinvolgimenti più importanti, tutti aspetti fortemente condivisi anche dai vertici della Camera di commercio. Nel giro di qualche anno quella che era una precisa sensazione divenne il concreto passaggio da azienda speciale a società a responsabilità limitata: nel 1994 divenne operativa Catas srl e nel 1999, la definitiva trasformazione in spa”.
 
“Tra il 1994 e il 1997 avvennero alcuni fatti importanti. Innanzitutto, nel 1994, l’ampliamento dei locali del laboratorio nella struttura che avrebbe dovuto diventare il “trade mart” per il settore. L’anno successivo l’acquisizione del laboratorio “Centro ricerca e sviluppo - CR&S” di FederlegnoArredo a Lissone: i tempi dimostravano, come ho appena ricordato, che era indispensabile immaginare altre dimensioni e più collaborazioni. Non fu per me, per noi, un problema accettare la proposta di FederlegnoArredo di acquisire il ramo di azienda del laboratorio di Lissone, anche se si trovava in una situazione non proprio “serena”. Fu una svolta epocale, non solo per l’innegabile importanza della collaborazione, ma perché mettevamo un piede in quella Brianza che così tanto ha offerto e offre al successo del mobile italiano.
Non furono e non sono tutte rose e fiori: molti si chiesero chi fossero questi friulani che si permettevano di “provare” la qualità dei mobili della grande e famosa Brianza e, ovviamente, essendo una società con sede in un’altra regione non potevamo certo contare su contributi o “attenzione” da parte delle istituzioni pubbliche.
Come nostro costume abbiamo comunque accettato la nuova sfida e costruito quello che oggi è Catas Brianza.
Lo stesso anno ottenemmo l’accreditamento da parte del Sinal – il “Sistema italiano nazionale accreditamento laboratori di prova”, ora Accredia – per la filiale di Lissone, di fatto un “completamento” dell’accreditamento della sede di San Giovanni già ottenuto nel 1991, uno dei primi in Italia.
 
“Un’altra tappa importante del nostro cammino è stata la possibilità di muoverci anche all’estero per realizzare laboratori di prove “stile Catas”. Siamo stati in Messico e in Cile dove, dopo alterne vicende, nel 1997 abbiamo inaugurato i laboratori di Catas Cile, di cui detenevamo una quota del 10 per cento. Abbiamo avuto contatti ed esperienze analoghe in Brasile, in Algeria e Tunisia, in Egitto; in quest’ultimo Paese abbiamo fornito attrezzature e know-how per un laboratorio a Damietta. Ovunque abbiamo messo sul tavolo la nostra esperienza e ciò che siamo, ovvero una realtà con una grande credibilità e una competenza assoluta nel mondo delle prove e della ricerca per la filiera legno-arredo. Catas – lo dico con piacere e assoluto orgoglio – ha un altro, innegabile punto di forza, ovvero le relazioni di consulenza e collaborazione con imprese in oltre sessanta Paesi del mondo, dall’Europa alla Colombia”.
 
“La formaldeide è un capitolo molto particolare e importante della nostra storia e in qualche modo contribuito ad aprirci la strada del mondo Ikea: il tutto è iniziato quasi per caso, dalla occasione che ci ha permesso di diventare ispettori per un noto istituto tedesco, l’Otto Graf Institut, che mandava in Italia i suoi tecnici per le verifiche presso gli impianti dei produttori di pannelli. Da lì al decidere che potevamo anche muoverci in autonomia il passo è stato alquanto breve e abbiamo iniziato a collaborare con moltissime realtà, prima italiane e poi in tutto il mondo.
Vengo a Ikea che, interessata a queste prove sui produttori di pannelli, organizzò un test interlaboratorio al quale partecipammo, dimostrando nei fatti le nostre capacità e dando così il via a questo rapporto così significativo per il nostro lavoro quotidiano. Per dirla tutta, le cose non sono state così semplici: c’è stato un importante lavoro di contatto e di verifica, ci siamo presentati a loro in diverse occasioni e sono venuti a conoscere noi e la nostra struttura. Qualche tempo dopo organizzarono anche unround robin test sulla qualità delle superfici e anche in questo caso siamo stati all’altezza delle aspettative.
Insomma, alla fine abbiamo dimostrato la nostra affidabilità e la nostra competenza, diventando per loro un punto di riferimento per queste verifiche e per quelle su sicurezza, resistenza e durata dei mobili. Credo di poter dire che aver acquisito un cliente così importante, con l’impegno di molti di noi, sia stata una nuova, forte dimostrazione che Catas aveva oramai raggiunto capacità, autorevolezza, notorietà e credibilità perfino superiori alla nostra percezione”.
 
Rimpianti? Certamente. Il più grosso è il non essere riuscito a mettere insieme almeno alcuni dei laboratori attivi in Italia o in altri Paesi, così da creare una realtà ancora più importante, in grado di confrontarsi con realtà di livello mondiale, autentici colossi per dimensione e numero di dipendenti.
E forse anche il non essere riuscito a convincere gli attuali stake holder che dovremmo aprire le porte a un azionariato diverso da quello istituzionale, soprattutto ora che coloro che vorrebbero “entrare” in Catas si accontenterebbero di una partecipazione parziale…: penso alle proposte ricevute da grossi istituti internazionali, realtà di primissimo piano che avrebbero potuto e potrebbero portarci a un livello ancora più alto da molti punti di vista”.
 
“Sono stato in Catas dal 1969 fino al maggio 2017. La cosa più bella, di cui ogni tanto chiacchiero con mia moglie, è che in un modo o nell’altro ho potuto sempre muovermi in autonomia, senza alcuna ingerenza, ovviamente muovendomi sempre nell’alveo del percorso definito dal consiglio di amministrazione. Forse perché all’inizio nessuno credeva a ciò che era nato in quei pochi metri quadrati dove lavoravano un paio di giovanotti con macchine strane; poi, con il passare degli anni, perché nessuno immaginava fino a dove saremmo arrivati.
Ho avuto la fortuna di lavorare con collaboratori e personaggi esterni capaci, intelligenti, che hanno sempre compreso le peculiarità di Catas e come queste dovessero essere coltivate, sostenute, anche se nessuno ci ha mai regalato nulla.
In una attività come la nostra, comunque, non c’è da aspettarsi riconoscimenti…”.
 
“Catas è una grande realtà: dire che è una grande famiglia è forse eccessivo, ma abbiamo sempre lavorato come se lo fosse, specialmente nei primi decenni…
Certo, di strada ne abbiamo fatta da quando l’imperatrice d’Austria diede la possibilità ai cittadini di Mariano del Friuli di utilizzare il legno di una certa foresta della Slovenia per costruire una chiesa. Di legno ne ottennero un po’ di più e cominciarono a costruire sedie che, nel giro di qualche decennio, presero la strada del mondo, grazie anche alla ferrovia che a fine Ottocento da Trieste arrivava fino in Turchia. Poi gli Austriaci imposero una serie di dazi che furono la causa principale del trasferimento di queste lavorazioni più a est, nell’attuale “Triangolo”, ed ecco che la nostra storia ha iniziato a dipanarsi portandoci molto, molto più lontano di quanto avremmo mai osato pensare…”.